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Modi di esprimere la libertà - vicende internazionali - Adria

 

“Questa è la vera libertà, quando gli uomini nati liberi, dovendo  parlare in pubblico ai loro simili, possono esprimersi liberamente.”

“ Uomini ai quali né il potere né la volontà potranno impedire di vivere in pace. Che cosa può

                                                                                              esserci di più giusto in uno stato?”                                                                                                             Euripide (480–406 AC)


La libertà di espressione può essere considerata una delle più importanti fra  tutte le libertà. Pur essendo di dubbio valore disporre in gerarchia  l'una libertà sull’altra, la libertà di espressione è un fondamento della democrazia, è il nucleo centrale della libertà senza il quale non esiste democrazia.

Il termine non solo include la libertà di parola e dei media, ma anche la libertà di pensiero, della cultura  e della indagine intellettuale.

La libertà di espressione garantisce ad ognuno il diritto di parlare e scrivere apertamente senza intromissione dello stato, incluso il diritto di criticare le ingiustizie, le attività illegali, e le incompetenze. Garantisce il diritto di informare il pubblico ed esprimere  opinioni di qualsiasi  genere, di sostenere il cambiamento, di dare alle minoranze l'opportunità essere sentite e divenire  maggioranza e di sfidare l'ascesa della tirannia statale con la forza delle parole.

 

La lotta per la libertà di espressione e la censura

Fino al XX secolo la censura formale e non la libertà di espressione era la pratica comune della maggioranza degli stati. Autocrati imprigionarono di frequente le persone critiche, soppressero la stampa libera, costrinsero all’esilio gli autori o censurarono scritti e opere d’arte.

Oltre a ciò, nei  luoghi privi di indipendenza o autogoverno, la libertà di espressione generalmente è stata messa a  rischio.

 

La libertà di parola, idee e pensieri liberi hanno costituito un problema per i governanti pre-cristiani, e poi con maggiore durezza e preoccupazione per i custodi del Cristianesimo una volta ristabilita l’ortodossia.

Misure utili per difendere dalla minaccia eretica la dottrina cristiana furono adottate, come il Credo di Nicea, promulgato nel 325 D.C.

Ma, visto che comunque molti  libri furono scritti,  copiati ed in modo crescente  diffusi dovunque, le idee sovversive ed eretiche furono sparse al di là di ogni controllo.

Di conseguenza la censura divenne più rigida e le punizioni diventarono più severe.

Il problema si aggravò in Europa con l'invenzione della stampa a metà del XV secolo.

Anche se la stampa fu di grande aiuto alla  chiesa cattolica per la sua missione, essa aiutò anche la Riforma protestante ed "eretici" come Martin Lutero; di conseguenza  il libro stampato divenne un'arena per una battaglia religiosa.

Nella storia dell’Occidente, il termine censura  assume  un significato completamente nuovo  con l'introduzione dell' “Indice dei Libri Proibiti”, un elenco di opere messe al bando a causa del loro contenuto eretico o ideologicamente pericoloso, pubblicato dalla Chiesa Cattolica Romana e con la “Santa Inquisizione” nel ruolo di tutore zelante che proibiva e bruciava i libri e talvolta anche gli autori.

Il più famoso tra gli autori messi al bando fu  indubbiamente Galileo nel 1633. La vittima più famosa dei processi dell’Inquisizione fu Giovanna d’Arco e in modo simile fu processato dagli anglicani Tommaso Moro (1535).
Il primo Indice dei Libri Proibiti fu compilato su ordine del papa Paolo IV nel 1559. Gli elenchi furono pubblicati 20 volte attraverso i secoli da papi diversi; l'ultimo fu pubblicato  recente-mente nel 1948, e finalmente lo strumento fu soppresso  nel 1966.

La Chiesa cattolica, controllando importanti università  come la  Sorbona  ne controllava anche  tutte le pubblicazioni attraverso un suo decreto del 1543 secondo i quale  nessun libro poteva essere stampato o venduto senza il permesso della chiesa.

Poi nel 1563, Carlo IX di Francia decretò che nulla poteva essere stampato senza il permes-so speciale del re.

Di lì a breve altri sovrani laici in Europa abbracciarono la stessa  causa, e le pubblicazioni  scientifiche ed artistiche,  potenzialmente pericolose per la morale e gli equilibri politici della società, furono poste sotto controllo attraverso sistemi di nulla osta  governativi alla stampa e alla pubblicazione.

Il  duplice sistema della censura creato attraverso la stretta alleanza  tra la chiesa e lo stato nei paesi cattolici, fu esportato anche nei paesi dell’America colonizzati con la forza.


E’ fuori di dubbio che la censura applicata dall’Inquisizione ai popoli delle colonie americane sia stata oppressiva e funesta e non c’è paragone alcuno che regga con l’effetto devastante provocato sull’originale  letteratura delle popolazioni Maya dagli invasori spagnoli.

L’incendio del Codice dei Maya rimane uno dei peggiori  atti criminali   commessi contro un popolo e, non meno importante, una perdita terribile inflitta all’eredità mondiale nel campo della letteratura e delle lingue.

 

L’Illuminismo: un obiettivo primario

La libertà di espressione divenne un obiettivo primario per i pensatori illuministi come parametro del progresso liberale. In Europa, la Svezia fu la prima nazione ad abolire la censura nel 1766, seguita di lì a poco dalla Danimarca e dalla Norvegia nel 1770. In ragione dello spirito egalitario della sua rivoluzione, la Dichiarazione dei Diritti Umani da parte dell’Assemblea Nazionale Francese incluse non solo il diritto alla libera espressione ma anche il diritto di libera stampa.

Nelle colonie americane una delle rimostranze principali da parte dei coloni riguardava proprio la censura sulla stampa da parte del re d’Inghilterra. Dopo la Rivoluzione Americana, il primo emendamento della costituzione degli Stati Uniti, adottata nel 1791, stabilì una delle misure più forti a favore della libertà di espressione mai stabilite da altre costituzioni:”Il Congresso non produrrà alcuna legge ispirata ad un principio religioso o che ne impedisca il libero esercizio; o che riduca la libertà di espressione o di stampa; o il diritto di riunirsi in assemblee pacifiche, e fare petizioni presso il governo perché siano risarcite delle ingiustizie.

 

Ma la vera portata della libertà di espressione poté forse essere apprezzata solo con l’avvento dei regimi totalitari, ad esempio nella Germania di Hitler e nell’Unione Sovietica di Stalin.

 

In tali regimi, lo stato non solo esercitava un controllo completo sulla libertà di espressione, ma usava anche i mezzi di comunicazione per influenzare le idee e le opinioni dei propri cittadini attraverso la propaganda, l’indottrinamento, la denuncia e il conformismo sociale.

 

Il Totalitarismo: “La Verità è il Nemico Mortale”

L’ascesa dei regimi totalitari nel 20° secolo ebbe come effetto lo sradicamento di tutte le libertà.      I regimi totalitari assunsero il completo controllo dei mezzi di comunicazione, rendendoli strumenti di diffusione dell’ideologia di stato e cercando di controllare i pensieri e le coscienze attraverso la propaganda e l’intimidazione verso opinioni diverse o dissidenti. Tali regimi presero il potere contemporaneamente al controllo sulla libertà di espressione.

Nei primi tempi della Rivoluzione Russa, per esempio, i Bolscevichi imposero la censura usando tattiche come ad esempio la distruzione degli organi di stampa dei rivali politici e la distruzione delle librerie private (“borghesi”). Il leader dei Bolscevichi, Vladimir Lenin (1870-1924) stabilì la prima regola sulla propaganda di stato nella famosa massima “Una bugia detta abbastanza spesso diventa una verità.” Stalin istituzionalizzò veramente la censura istituendo un organo statale che sovrintendesse alla censura (detto Glavlit in russo) e il Sindacato degli Scrittori (1932) che divenne l’unico sindacato legale per gli scrittori. Questi atti di Stalin erano strumenti atti a dirigere e controllare ogni aspetto della pubblica espressione e ad imporre il socialismo come l’unica ideologia consentita. Nel regime di terrore creato da Stalin (il picco della repressione durò dagli anni ’20 alla fine degli anni ’30), migliaia di scrittori, giornalisti e artisti che rifiutavano questa camicia di forza si trovarono confinati in campi di prigionia e persino puniti con la morte.

Nel prendere il potere in Germania, Hitler dette l’incarico di responsabile della propaganda a Joseph Goebbels (1897-1945). Una della prime mosse di Goebbels fu di incitare l’anti-semitismo nei mezzi di comunicazione. Egli raccolse anche consensi per un massiccio rogo di libri, il 10 maggio 1933 a Berlino, per distruggere i libri “non-tedeschi”. Da notare che il poeta tedesco Heinrich Heine sostenne nel 19° secolo “Dove si bruciano i libri, sono destinati ad essere bruciati anche gli esseri umani”. Il concetto di Goebbels sulla “grande bugia” definisce l’essenza della propaganda totalitaria:

“Se dici una bugia abbastanza grande e continui a ripeterla, la gente con il tempo comincerà a crederci. La bugia può essere sostenuta soltanto finché lo Stato riesce a difendere i propri cittadini dalle conseguenze politiche, economiche e militari della bugia stessa. Diventa quindi di vitale importanza per lo stato usare tutti i suoi poteri per reprimere il dissenso, poiché la verità è il nemico mortale della menzogna,e, come conseguenza, la verità è il nemico più grande dello stato.”

Il Totalitarismo contro il Libero Pensiero

All’interno dei regimi totalitari si trovano non solo inimmaginabili sofferenze, ma anche validissimi esempi di coraggio da parte di individui che si batterono per poter scrivere liberamente e rivelare la verità al mondo e alla storia. Personaggi coraggiosi sono ad esempio il cubano Reinaldo Arenas (1943-1990), il dissidente ceco Vaclav  Havel (1936-), l’autore russo di Arcipelago Gulag del 1973 Alexander Solzhenitsyn (1918-), e molti altri. Per questi uomini, la libertà intellettuale non poteva cedere a compromessi perché ciò avrebbe significato compromettere la libertà stessa.

Coloro che furono imprigionati trovarono il modo sia di scrivere che di diffondere le loro opere fuori dei confini delle loro nazioni, dando origine a una nuova caratteristica forma di letteratura detta “prison writing”. La loro ricerca della verità e i loro sforzi per superare la censura rappresentano il significato stesso di libera espressione.

All’interno delle democrazie la libertà di espressione rimane un tema controverso: Devono esistere restrizioni su discorsi improntati all’odio o oscenità, e si devono poter pubblicare informazioni rilevanti per la sicurezza nazionale?

Ma esaminando la libertà di espressione alla luce della storia dei regimi autoritari e totalitari passati e presenti, riusciamo a porre questi argomenti di discussione in una prospettiva più ampia e a capire meglio la battaglia per la libertà di espressione.

 

 

by  Liceo Classico “C. Bocchi” - Adria