Analisi del testo filosofico

 

la dotta ignoranza di Socrate

Bonso  Gioia -  classe 3^ A linguistico

 

A

       Questo documento non è opera di Socrate nonostante riporti pensieri e parole del filosofo.

 Poiché Socrate non volle affidare il suo pensiero alla scrittura, tutto ciò che sappiamo di lui, lo abbiamo ricavato dalle testimonianze di suoi discepoli o successori, come Platone.

 

Il vero autore dell’opera, quindi è Platone, seguace di Socrate, che pone molto spesso il proprio maestro come personaggio principale dei suoi dialoghi e ne esalta la forza morale, riportando con fedeltà molti dei suoi discorsi. La fonte platonica è la più ricca e attendibile tra le numerose testimonianze che ci sono giunte, molto spesso in contrasto tra loro.

 

Platone nasce nel 428 a.C. circa da una famiglia nobile e muore intorno al 347a.C.

Nella sua vita, compì numerosi viaggi grazie ai quali incontrò molti filosofi e matematici, discepoli di Pitagora. Andò a in  Sicilia almeno tre volte, in Egitto e visitò molte città della magna Grecia.

Nel 347 a.c. fondò una scuola filosofica ad Atene, l’Accademia, nella quale si coltivavano studi matematici e astronomici. Qui, infatti, venne elaborato il modello cosmologico geocentrico.

 

La ”dotta ignoranza“ è un testo che fa parte dell’ opera chiamata “ APOLOGIA DI SOCRATE”, la quale descrive tutto il processo e fatti precedenti alla morte del filosofo.

 Il testo parte con la dichiarazione schiacciante dell’oracolo di Delfi, secondo il quale non esisteva uomo più sapiente di Socrate, e finisce con l’umile adesione di quest’ultimo all’affermazione dell’oracolo.

Socrate rimase sorpreso dal giudizio dell’oracolo e cominciò a chiedersi cosa volesse dire veramente.

Volendo dimostrare l’infondatezza della sentenza dell’oracolo, cercò ad Atene tutti gli uomini che avevano la fama d’essere sapienti. Dopo aver parlato con molti poeti, filosofi, politici e artisti però dovette ammettere di essere davvero il più sapiente tra tutti loro: infatti in lui si conservava la convinzione di non sapere, d’essere ignorante in alcuni ambiti, cosa che negli altri “sapienti” era completamente scomparsa, accecati com’erano dall’orgoglio e dalla superbia.

 

B

 

B1. Ho dovuto leggere il testo almeno tre volte, prima di averne un’impressione complessiva.

Dal punto di vista sintattico non è di difficile comprensione, anche se il lessico è ricercato e spesso ho fatto fatica a capirne il giusto significato.

Il modo in cui è stato presentato il tema della “dotta ignoranza” oltre ad essere chiaro ed essenziale è anche efficace, grazie all’utilizzo di tecniche stilistiche come il discorso diretto.

Non avevo mai inteso la sapienza nel modo in cui la concepisce Socrate.

Capisco solo ora che la presa di coscienza di quanto sia limitato il nostro sapere rispetto allo scibile umano  è l’ unica spinta verso una ricerca sempre più approfondita e una conoscenza più completa del mondo che ci circonda.

 

B2. Il testo riporta l’autodifesa (apologia) di Socrate che aveva deciso di parlare davanti ai giudici e a altre 500 persone senza l’aiuto dell’avvocato. Per discolparsi tenne un lungo discorso senza lasciarsi interrompere da alcuno. Lui è l’unico protagonista del dialogo... quindi quello che leggiamo è senz’altro un monologo.

 

 

B3.  Ho trovato parecchi “termini sorprendenti” di cui non conoscevo il significato o non li avevo mai considerati nel sinificato inteso dall’autore: oracolo(r 4-6-12-31); enigma(r 7); vaticinio(r13); sapere e ceree di sapere (r23).

 

 

B4. ORACOLO: Io ho sempe creduto che l’oracolo fosse una persona , un vecchio saggio che possiede una conoscenza quasi universale grazie all’aiuto del Dio di cui è servitore. Nel nostro glossario di storia dell’anno scorso, nel dizionario e nello stesso libro di filosofia è dato un significato diverso: esso è il luogo sacro dove venivano consultati gli dei, il cui responso era dato attraverso degli intermediari.

 

ENIGMA: nel testo viene intesa come l’espressione ambigua, velata dell’oracolo. Prendendo come riferimento il vocabolario della lingua italiana, troviamo che la parola enigma è intesa solo come un fatto o un avvenimento di cui non si riesce a capire la ragione o il fine ed è affidato ad altrui capacità di interpretazione.

 

VATICINIO: nel testo non viene interpretato  nel suo reale significato, cioè predicazione di avvenimenti futuri  per ispirazione divina.. ma come constatazione di una verità non ancora conosciuta da Socrate. Infatti non c’è nulla di profetico nelle parole dell’oracolo.. ma solo una verità fino ad allora nascosta.

 

SAPERE e CREDERE DI SAPERE: r 23 <…come non sapevo,neanche credevo di sapere.>

Questi due termini li ho giudicati sorprendenti non per il loro significato in sé ( il testo e vocabolario ne danno definizioni identiche)….ma proprio per l’antitesi creata dal loro accostamento che gli conferisce un valore e un’importanza rilevante. Sono infatti anche due parole chiave. Bisogna sottolineare che per Socrate il sapere e il credere di sapere hanno due significati opposti, ma per i falsi sapienti molto spesso le due cose coincidono.

 

SAPIENTE:  che è inteso come qualcuno che sa per esperienza.. quindi è paragonato al saggio,oppure è inteso come qualcuno abile nell’arte della retorica.

 

 

C

 

C1

C1.1-2      Ho diviso il testo in sei paragrafi attribuendo ad ognuno un titolo che ne racchiude il contenuto.

1.     La sentenza dell’oracolo (r1-5);

2.     riflessioni e perplessità di Socrate (r5-10);

3.     L’aneddoto del falso sapiente(r10-20);

4.     la vera sapienza di Socrate(r20-25);

5.     la deludente ricerca continua(25-32);

6.     la constatazione della cecità dell’oracolo (32-36);

 

C1.3         le parole-chiave che snodano il ragionamento e racchiudono in sé i temi portanti del testo   sono:

1. la dotta ignoranza;

2. il più sapiente tra gli uomini;

3. l’oracolo;

4. sapere e credere di sapere;

 

 

C2

C2.1      La tesi centrale  che si vuole dimostrare nel testo la si trova nella riga 5 :<… più sapiente di     me (Socrate) non c’era nessuno.>

C2.2     Per sostenere tale tesi due argomentazioni evidenti: racconta della deludente scoperta che tutti i”    presunti sapienti di Atene “…non lo erano affatto (33-35) , perché credevano di sapere e non           sapevano (23) e constata che le persone ritenute di poco conto.. molto spesso erano più sapienti degli            altri, perché erano consapevoli della loro ignoranza(35-36).

 

C2.3        Nel testo compaiono almeno tre verità che Socrate da per scontate, ma che in realtà sono alquanto    discutibili. Innanzitutto non mette in dubbio l’esistenza del Dio di Delfi , perché negare l’esistenza degli dei era come privare di fondamenta tutta la struttura dello stato e mettere in crisi uno dei     valori principali della civiltà greca.

   Sappiamo comunque che Socrate è accusato di non riconoscere gli dei della religione pubblica e di   introdurne di nuovi.

   Inoltre Socrate è convinto che l’oracolo di Delfi abbia sempre ragione e non possa sbagliare mai (9) e          che solo con il dialogo è possibile conoscere la Verità

<..esaminandolo e ragionandoci insieme…> (r15)

<..solamente così avrei potuto smentire l’oracolo e …> (r12)

 

C2.4        Le strategie argomentative da lui utilizzate sono: il racconto accurato di fatti accaduti , l’ iterazione dello stesso concetto      all’interno del testo ( r 5-21-24), la constatazione che l’oracolo non può mentire e la confutazione:

infatti Socrate cerca di dimostrare il contrario della tesi ( cioè che qualcuno sia più intelligente di    lui..), ma non ci riesce. Ha dichiarato l’infondatezza del contrario, così facendo dimostra che la tesi è vera.

 

D

 

D1  il testo fa necessariamente riferimento al processo di Socrate. In quel periodo si stava instaurando un nuovo regime democratico dopo la caduta dei trenta tiranni. La democrazia subì però una vera e propria degenerazione. In quel periodo ,infatti, potevano accedere alle cariche pubbliche anche quelli che non avevano ricevuto nessuna educazione politica.

Socrate invece aveva uno spirito antidemocratico nel senso che insisteva nella realizzazione di un governo formato da uomini scelti che avevano certe capacità e competenze.

Le accuse lanciate contro di lui ( empietà, corruzione dei giovani e molto probabilmente  l’ omosessualità) furono soltanto un semplice pretesto che nascondeva motivi politici e invidia. Questa era la situazione socio-politica di Atene al tempo in cui Socrate fu  processato.

 

D2  Per molti secoli Atene fu la patria della cultura per eccellenza.

Nella stessa città coesistevano religioni costumi e scuole filosofiche spesso in opposizione tra loro, quindi è difficile individuare i valori  e i pensieri comuni.

 

Secondo la mentalità del periodo il sapiente era  il bravo oratore, abile nell’attività forense grazie alla retorica e alla dialettica. Questo era un pregiudizio che Socrate smentisce nel suo discorso: non tutti quelli che sono reputati sapienti lo sono veramente.

 

I valori etici e morali di Socrate che molto spesso andavano a risvegliare le coscienze assopite dei suoi contemporanei, non sono citati tutti nel testo.

L’unico che si riconosce con chiarezza è l’amore per la  verità che gli procura non pochi nemici (19-20).

 

L’ uso che fanno delle parole è studiato e preciso. Troviamo termini ricercat ( enigma, vaticinio, ecc..) in una composizione fluida e piacevole da leggere.

 

 

 

D3  Molti contemporanei di Socrate non lo capirono e non ne apprezzarono l’impegno etico.. paragonandolo ai membri della precedente corrente filosofica, la sofistica.

Infatti lui, come i sofisti:

·         Era un abile parlatore;

·         era in grado di rendere forte il discorso debole grazie alle sue tecniche dialettiche;

·         si concentrava sullo studio dell’uomo;

Invece non è assolutamente da  confondere con i sofisti perché lui:

·         cercava la  Verità.. non i propri interessi;

·         non si faceva pagare per i suoi insegnamenti;

·         non persuadeva sfruttando le emozioni, ma convinceva tramite il ragionamento;

·         i suoi discorsi avevano una valenza morale;

 

 

I maggiori esponenti della sofistica sono: Crizia, Trasimaco, Eutidemo e Dionisodoro.

 

 

E

 

E1 leggendo questo testo mi viene in mente una sola parola: umiltà.

Socrate ha ragione. Nessuno riuscirà mai a conoscere la verità nella sua integrità, perché “la mente umana è limitata e ci sono enigmi”... se vogliamo usare le parole del testo.. che nonostante passino gli anni.. nessun uomo è riuscito ancora a spiegare.

Ma tutto ciò non deve assolutamente placare la nostra voglia di conoscere.. anzi deve stimolarla!

Non si deve rischiare di cadere né nella presunzione di sapere ogni cosa né nella rassegnazione .

Bisogna solo accettare la nostra condizione di esseri piccoli che però possono scoprire e fare imprese grandi.

 

 

Socrate sa di non sapere. A mano a mano che si approfondisce un argomento si scopre quante cose non si conoscevano ancora.

Molte volte capita anche a me.. soprattutto nelle relazioni con le persone.

Può sembrare totalmente fuori luogo questa mia affermazione… ma leggendo il brano mi venivano in mente tutte le amicizie che ho costruito in questi anni.

Ci sono molte persone che si accontentano dell’amicizia superficiale.. e dicono alla fine di essere amici di tutti. Io li paragono ai “falsi sapienti” descritti da Socrate.

Molte volte invece, io mi sono ritrovata nella stessa situazione alle prese con la sapienza:

non finisco mai di conoscere una persona e sono convinta come lui non capire ancora molti aspetti della vera amicizia.

 

L’importante però è che ci sia la volontà  di sapere… e a Socrate non mancava. Lo ha dimostrato in questo testo: quando ha saputo di essere stimato come il più sapiente degli uomini.. non ha accettato il fatto con indifferenza, ma si è chiesto il perché e ha voluto dimostrarlo… non agli altri, ma a se stesso.

 

 

 E2

 

Caro Socrate,

innanzi tutto mi presento sono Gioia Bonso .. e da oggi sono una tua grandissima fan!

Sai ti stimo molto.. e non mi importa se ti hanno dato del sileno o del satiro… lasciali perdere sono solo gelosi!

Il tuo coraggio, la tua integrità morale e la tua temperanza ti rendono migliore di tutti i personaggi famosi di oggi. Ogni tanto penso che in questi tempi servirebbe davvero qualcuno come te. Qualcuno che abbia ben chiaro cosa sia il bene e ben chiaro cosa è male .. e che lo dica  con franchezza.. soprattutto a noi giovani, che naufraghiamo in questa società soggiogata dal relativismo puro.

Cos’è il giusto? Cos’è l’ingiusto? Cos’è veramente proibito e perché?

Ma vale veramente la pena combattere per la Giustizia… che fine ne ricavo?

Se tu fossi qui adesso so che noi due potremmo parlare delle ore.. sicuramente io avrei molte più cose da imparare, ma se la tua tesi è giusta.. ognuno di noi ha una parte di verità e io sarei ben contenta di condividerla con te.

Hanno scritto di te che sei un tipo ironico e che sai controllarti bene.. quindi non ti arrabbiare se ora ti dico una cosa: secondo me hai proprio sbagliato a non lasciare niente di scritto per i tuoi discepoli.. così facendo hai lasciato che si dicessero di te anche cose non vere.. ingiuste. Ti hanno perfino paragonato a un sofista!

D’ora in poi se dovrò parlare male della filosofia (... sai, ogni tanto capita), ti escluderò sempre da ogni mio commento e se parlerò di te, sarà solo per esaltare la tuo “alto profilo morale “, come dice Platone.

 

Ora ti saluto.. perché e da qualche oretta che scrivo e sono un po’ stanca..

Grazie per il tuo esempio, che come vedi è rimasto impresso nella storia!

 

Ci sentiamo presto!

Saluta a casa

 

Gioia

 

 

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