“”
Bonso Gioia - classe 3^ A linguistico
A
Questo documento non è opera
di Socrate nonostante riporti pensieri e parole del filosofo.
Poiché Socrate non volle affidare il suo
pensiero alla scrittura, tutto ciò che sappiamo di lui, lo abbiamo ricavato
dalle testimonianze di suoi discepoli o successori, come Platone.
Il vero autore dell’opera,
quindi è Platone, seguace di Socrate, che pone molto spesso il proprio maestro
come personaggio principale dei suoi dialoghi e ne esalta la forza morale,
riportando con fedeltà molti dei suoi discorsi. La fonte platonica è la più
ricca e attendibile tra le numerose testimonianze che ci sono giunte, molto
spesso in contrasto tra loro.
Platone nasce nel
Nella sua vita, compì
numerosi viaggi grazie ai quali incontrò molti filosofi e matematici, discepoli
di Pitagora. Andò a in Sicilia almeno
tre volte, in Egitto e visitò molte città della magna Grecia.
Nel
La ”dotta ignoranza“ è un
testo che fa parte dell’ opera chiamata “ APOLOGIA DI SOCRATE”, la quale
descrive tutto il processo e fatti precedenti alla morte del filosofo.
Il testo parte con la dichiarazione
schiacciante dell’oracolo di Delfi, secondo il quale non esisteva uomo più
sapiente di Socrate, e finisce con l’umile adesione di quest’ultimo
all’affermazione dell’oracolo.
Socrate rimase sorpreso dal
giudizio dell’oracolo e cominciò a chiedersi cosa volesse dire veramente.
Volendo dimostrare
l’infondatezza della sentenza dell’oracolo, cercò ad Atene tutti gli uomini che
avevano la fama d’essere sapienti. Dopo aver parlato con molti poeti, filosofi,
politici e artisti però dovette ammettere di essere davvero il più sapiente tra
tutti loro: infatti in lui si conservava la convinzione di non sapere, d’essere
ignorante in alcuni ambiti, cosa che negli altri “sapienti” era completamente
scomparsa, accecati com’erano dall’orgoglio e dalla superbia.
B
B1. Ho dovuto leggere il testo
almeno tre volte, prima di averne un’impressione complessiva.
Dal punto di vista
sintattico non è di difficile comprensione, anche se il lessico è ricercato e
spesso ho fatto fatica a capirne il giusto significato.
Il modo in cui è stato presentato
il tema della “dotta ignoranza” oltre ad essere chiaro ed essenziale è anche
efficace, grazie all’utilizzo di tecniche stilistiche come il discorso diretto.
Non avevo mai inteso la sapienza
nel modo in cui la concepisce Socrate.
Capisco solo ora che la
presa di coscienza di quanto sia limitato il nostro sapere rispetto allo
scibile umano è l’ unica spinta verso
una ricerca sempre più approfondita e una conoscenza più completa del mondo che
ci circonda.
B2. Il testo riporta
l’autodifesa (apologia) di Socrate che aveva deciso di parlare davanti ai
giudici e a altre 500 persone senza l’aiuto dell’avvocato. Per discolparsi
tenne un lungo discorso senza lasciarsi interrompere da alcuno. Lui è l’unico
protagonista del dialogo... quindi quello che leggiamo è senz’altro un monologo.
B3. Ho trovato parecchi “termini sorprendenti” di
cui non conoscevo il significato o non li avevo mai considerati nel sinificato inteso
dall’autore: oracolo(r 4-6-12-31); enigma(r 7); vaticinio(r13); sapere e ceree
di sapere (r23).
B4. ORACOLO: Io ho sempe
creduto che l’oracolo fosse una persona
, un vecchio saggio che possiede una conoscenza quasi universale grazie
all’aiuto del Dio di cui è servitore. Nel nostro glossario di storia dell’anno
scorso, nel dizionario e nello stesso libro di filosofia è dato un significato
diverso: esso è il luogo sacro dove venivano consultati gli dei, il cui
responso era dato attraverso degli intermediari.
ENIGMA: nel testo viene
intesa come l’espressione ambigua, velata
dell’oracolo. Prendendo come riferimento il vocabolario della lingua italiana, troviamo
che la parola enigma è intesa solo come un fatto
o un avvenimento di cui non si riesce a capire la ragione o il fine ed è affidato ad altrui capacità di
interpretazione.
VATICINIO: nel testo non
viene interpretato nel suo reale significato,
cioè predicazione di avvenimenti futuri per ispirazione divina.. ma come constatazione di una verità non ancora
conosciuta da Socrate. Infatti non c’è nulla di profetico nelle parole dell’oracolo..
ma solo una verità fino ad allora nascosta.
SAPERE e CREDERE DI
SAPERE: r 23 <…come non sapevo,neanche credevo di sapere.>
Questi due termini li ho
giudicati sorprendenti non per il loro significato in sé ( il testo e
vocabolario ne danno definizioni identiche)….ma proprio per l’antitesi creata dal
loro accostamento che gli conferisce un valore e un’importanza rilevante. Sono
infatti anche due parole chiave. Bisogna sottolineare che per Socrate il sapere
e il credere di sapere hanno due significati opposti, ma per i falsi sapienti
molto spesso le due cose coincidono.
SAPIENTE: che è inteso come qualcuno che sa per
esperienza.. quindi è paragonato al saggio,oppure è inteso come qualcuno abile
nell’arte della retorica.
C
C1
C1.1-2 Ho
diviso il testo in sei paragrafi attribuendo ad ognuno un titolo che ne
racchiude il contenuto.
1.
La
sentenza dell’oracolo (r1-5);
2.
riflessioni
e perplessità di Socrate (r5-10);
3.
L’aneddoto
del falso sapiente(r10-20);
4.
la
vera sapienza di Socrate(r20-25);
5.
la
deludente ricerca continua(25-32);
6.
la
constatazione della cecità dell’oracolo (32-36);
C1.3 le parole-chiave che snodano il
ragionamento e racchiudono in sé i temi portanti del testo sono:
1. la dotta ignoranza;
2. il più sapiente tra gli uomini;
3. l’oracolo;
4. sapere e credere di sapere;
C2
C2.1 La tesi centrale che si
vuole dimostrare nel testo la si trova nella riga 5 :<… più sapiente di me (Socrate) non c’era nessuno.>
C2.2 Per
sostenere tale tesi due argomentazioni evidenti: racconta della deludente
scoperta che tutti i” presunti sapienti
di Atene “…non lo erano affatto (33-35) , perché credevano di sapere e non sapevano (23) e constata che le
persone ritenute di poco conto.. molto spesso erano più sapienti degli altri, perché erano consapevoli della
loro ignoranza(35-36).
C2.3 Nel testo compaiono almeno tre verità che Socrate
da per scontate, ma che in realtà sono alquanto discutibili. Innanzitutto non mette in dubbio l’esistenza del Dio
di Delfi , perché negare l’esistenza degli
dei era come privare di fondamenta tutta la struttura dello stato e mettere in
crisi uno dei valori principali della
civiltà greca.
Sappiamo
comunque che Socrate è accusato di non riconoscere gli dei della religione
pubblica e di introdurne di nuovi.
Inoltre Socrate
è convinto che l’oracolo di Delfi abbia sempre ragione e non possa sbagliare
mai (9) e che solo con il dialogo
è possibile conoscere
<..esaminandolo e
ragionandoci insieme…> (r15)
<..solamente così avrei
potuto smentire l’oracolo e …> (r12)
C2.4 Le
strategie argomentative da lui utilizzate sono: il racconto accurato di fatti
accaduti , l’ iterazione dello stesso concetto all’interno
del testo ( r 5-21-24), la constatazione che l’oracolo non può mentire e la
confutazione:
infatti Socrate cerca di dimostrare il contrario
della tesi ( cioè che qualcuno sia più intelligente di lui..), ma non ci riesce. Ha dichiarato l’infondatezza del
contrario, così facendo dimostra che la tesi è vera.
D
D1 il testo
fa necessariamente riferimento al processo di Socrate. In quel periodo si stava
instaurando un nuovo regime democratico dopo la caduta dei trenta tiranni. La
democrazia subì però una vera e propria degenerazione. In quel periodo ,infatti,
potevano accedere alle cariche pubbliche anche quelli che non avevano ricevuto
nessuna educazione politica.
Socrate invece aveva uno spirito antidemocratico
nel senso che insisteva nella realizzazione di un governo formato da uomini
scelti che avevano certe capacità e competenze.
Le accuse lanciate contro di lui ( empietà,
corruzione dei giovani e molto probabilmente l’ omosessualità) furono soltanto un semplice pretesto
che nascondeva motivi politici e invidia. Questa era la situazione
socio-politica di Atene al tempo in cui Socrate fu processato.
D2 Per molti
secoli Atene fu la patria della cultura per eccellenza.
Nella stessa città coesistevano religioni costumi
e scuole filosofiche spesso in opposizione tra loro, quindi è difficile
individuare i valori e i pensieri
comuni.
Secondo la mentalità del periodo il sapiente era il bravo oratore, abile nell’attività forense
grazie alla retorica e alla dialettica. Questo era un pregiudizio che Socrate smentisce nel suo
discorso: non tutti quelli che sono reputati sapienti lo sono veramente.
I valori
etici e morali di Socrate che molto spesso andavano a risvegliare le coscienze
assopite dei suoi contemporanei, non sono citati tutti nel testo.
L’unico che si riconosce con chiarezza è l’amore
per la verità che gli procura non pochi
nemici (19-20).
L’ uso che fanno delle parole è studiato e
preciso. Troviamo termini ricercat ( enigma, vaticinio, ecc..) in una
composizione fluida e piacevole da leggere.
D3 Molti
contemporanei di Socrate non lo capirono e non ne apprezzarono l’impegno etico..
paragonandolo ai membri della precedente corrente filosofica, la sofistica.
Infatti lui, come i sofisti:
·
Era
un abile parlatore;
·
era
in grado di rendere forte il discorso debole grazie alle sue tecniche
dialettiche;
·
si
concentrava sullo studio dell’uomo;
Invece non è assolutamente da confondere con i sofisti perché lui:
·
cercava
·
non
si faceva pagare per i suoi insegnamenti;
·
non
persuadeva sfruttando le emozioni, ma convinceva tramite il ragionamento;
·
i
suoi discorsi avevano una valenza morale;
I maggiori esponenti della sofistica sono: Crizia,
Trasimaco, Eutidemo e Dionisodoro.
E
E1 leggendo questo testo mi
viene in mente una sola parola: umiltà.
Socrate ha ragione. Nessuno riuscirà mai a
conoscere la verità nella sua integrità, perché “la mente umana è limitata e ci
sono enigmi”... se vogliamo usare le parole del testo.. che nonostante passino
gli anni.. nessun uomo è riuscito ancora a spiegare.
Ma tutto ciò non deve assolutamente placare la
nostra voglia di conoscere.. anzi deve stimolarla!
Non si deve rischiare di cadere né nella
presunzione di sapere ogni cosa né nella rassegnazione .
Bisogna solo accettare la nostra condizione di
esseri piccoli che però possono scoprire e fare imprese grandi.
Socrate sa di non sapere. A mano a mano che si
approfondisce un argomento si scopre quante cose non si conoscevano ancora.
Molte volte capita anche a me.. soprattutto nelle
relazioni con le persone.
Può sembrare totalmente fuori luogo questa mia
affermazione… ma leggendo il brano mi venivano in mente tutte le amicizie che
ho costruito in questi anni.
Ci sono molte persone che si accontentano
dell’amicizia superficiale.. e dicono alla fine di essere amici di tutti. Io li
paragono ai “falsi sapienti” descritti da Socrate.
Molte volte invece, io mi sono ritrovata nella
stessa situazione alle prese con la sapienza:
non finisco mai di conoscere una persona e sono
convinta come lui non capire ancora molti aspetti della vera amicizia.
L’importante però è che ci sia la volontà di sapere… e a Socrate non mancava. Lo ha
dimostrato in questo testo: quando ha saputo di essere stimato come il più
sapiente degli uomini.. non ha accettato il fatto con indifferenza, ma si è
chiesto il perché e ha voluto dimostrarlo… non agli altri, ma a se stesso.
Caro Socrate,
innanzi tutto mi presento
sono Gioia Bonso .. e da oggi sono una tua grandissima fan!
Sai ti stimo molto.. e non
mi importa se ti hanno dato del sileno o del satiro… lasciali perdere sono solo
gelosi!
Il tuo coraggio, la tua
integrità morale e la tua temperanza ti rendono migliore di tutti i personaggi
famosi di oggi. Ogni tanto penso che in questi tempi servirebbe davvero
qualcuno come te. Qualcuno che abbia ben chiaro cosa sia il bene e ben chiaro
cosa è male .. e che lo dica con franchezza..
soprattutto a noi giovani, che naufraghiamo in questa società soggiogata dal relativismo
puro.
Cos’è il giusto? Cos’è
l’ingiusto? Cos’è veramente proibito e perché?
Ma vale veramente la pena combattere
per
Se tu fossi qui adesso so
che noi due potremmo parlare delle ore.. sicuramente io avrei molte più cose da
imparare, ma se la tua tesi è giusta.. ognuno di noi ha una parte di verità e
io sarei ben contenta di condividerla con te.
Hanno scritto di te che
sei un tipo ironico e che sai controllarti bene.. quindi non ti arrabbiare se ora
ti dico una cosa: secondo me hai
proprio sbagliato a non lasciare niente di scritto per i tuoi
discepoli.. così facendo hai lasciato che si dicessero di te anche cose non
vere.. ingiuste. Ti hanno perfino paragonato a un sofista!
D’ora in poi se dovrò
parlare male della filosofia (... sai, ogni tanto capita), ti escluderò sempre
da ogni mio commento e se parlerò di te, sarà solo per esaltare la tuo “alto
profilo morale “, come dice Platone.
Ora ti saluto.. perché e
da qualche oretta che scrivo e sono un po’ stanca..
Grazie per il tuo esempio, che come vedi è rimasto
impresso nella storia!
Ci sentiamo presto!
Saluta a casa
Gioia
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