Alice  Tosetti        Classe IV A indirizzo Linguistico

anno scolastico 2005/06

 

Analisi del testo filosofico

 

A            Introduzione critica all’autore e al testo

L’autore di questo brano è Jean Antoine Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet. Egli nacque a Ribemont, Aisne nel 1743. fu un uomo politico, un economista, un matematico e un filosofo molto importante. Era in buoni rapporti con Jeane-Baptiste D’Alembert (con l’aiuto del quale entrò a far parte dell’Académie française nel 1782) e co gli enciclopedisti in generale, in particolare con Voltaire. Partecipò attivamente alla rivoluzione francese schierato con il partito girondino, ma la sua ostilità verso Robespierre e al progetto di costituzione del ’93 lo portò alla proscrizione. In seguito a un tentativo di fuga venne incarcerato. Morì misteriosamente in una prigione, forse suicida, a Bourg-La-Reine, nei pressi di Parigi, nel 1794.

Durante il corso della sua vita l’interesse principale di Condorcet fu la matematica, della quale egli considerava le possibili applicazioni alle scienze sociali e morali, al fine di individuare costanti in un mondo fino ad allora considerato soggetto a variazioni imprevedibili.

Per quanto riguarda l’economia egli aderì alle teorie fisiocratiche.

Condorcet ha sempre mantenuto un ottimismo rivoluzionario. Nella rivoluzione francese infatti egli vedeva la conferma della verità del progresso e concepisce il progetto rivoluzionario come necessario e indefinito. Questo pensiero è espresso nella sua opera più importante (Abbozzo di un quadro storico dei progressi dello spirito umano) nella quale egli divide la storia in 10 epoche: le prime nove sono la ricostruzione dell’avanzamento storico realizzato dall’uomo ed è caratterizzato da due fattori: la vittoria della libertà sul dispotismo e quella della ragione sull’errore e sull’impostura religiosa. La decima epoca riguarda invece il futuro e prevede l’indefinito progresso dell’umanità in tre direzioni: l’eliminazione delle disuguaglianze tra le nazioni, l’estensione dell’uguaglianza nei singoli popoli e il perfezionamento della stessa natura umana.

Il testo in questione è tratto dall’opera Riflessioni sulla schiavitù dei negri pubblicata sotto pseudonimo nel 1781. in questa opera Condorcet, in linea con il pensiero tipico degli illuministi, condanna apertamente la tratta degli schiavi negri, ritenuta fino ad allora una pratica normale, in nome dell’universalismo e di una sostanziale unità del genere umano. Inoltre egli propone alcune misure pratiche attuabili in tempi ragionevoli per risolvere il problema applicando il calcolo matematico alla politica e utilizzando un metodo gradualista (procedendo per gradi). L’autore infatti è convinto che le innovazioni, per quanto basate su principi fondati e irrinunciabili, debbano avvenire gradualmente, tenendo conto del clima politico e dei conflitti sociali ed economici che possono generare. Ecco il motivo per cui, nello scrivere questa opera, egli propone soluzioni attuabili progressivamente e senza sconvolgere la società a lui contemporanea per eliminare la terribile pratica della schiavitù dei negri.

 

 

B         Lettura ripetuta e operazioni su alcuni termini.

Il testo in questione è un trattato che espone l’argomento della schiavitù dei negri importati dall’Africa in Europa.

In questo testo l’autore espone il suo parere contrario alla schiavitù la quale viene considerata da Condorcet come un crimine. Sono poi esposti i motivi con i quali gli europei giustificano il mercato degli schiavi che vengono poi confutati dall’autore.

I termini che ho trovato sorprendenti leggendo questo testo sono:

  Proprietà fondiaria cioè la proprietà edilizia rurale e i diritti sulle acque. Essa ha la   

  caratteristica di essere illimitata in altezza e profondità. L’autore la cita nel testo

  come una delle cose di cui lo schiavo è privato mentre si trova in questa condizione.

  Parvenza di diritto cioè possedere dei diritti su qualcosa, in questo caso sugli

  schiavi negri, solo in apparenza.

 

C         scomposizione

Leggendo il testo lo si può suddividere in dieci paragrafi:

il primo, Schiavitù = furto, inizia alla prima riga e termina alla riga 10 e in esso l’autore paragona la schiavitù al furto in quanto, come quest’ultima, anch’essa priva l’individuo di alcune libertà e diritti fondamentali quali la proprietà, le proprie forze e il diritto di soddisfare i propri bisogni. Per questo motivo l’autore considera la schiavitù un crimine in quanto anche il furto è considerato come tale. Le parole chiave in questo paragrafo sono schiavitù, crimine, furto e diritto.

Il secondo paragrafo va dalla riga 11 alla 18 e si intitola Gente senza moralità. In questo paragrafo Condorcet accusa l’opinione pubblica e la legge poiché non riconoscono la schiavitù come un crimine e afferma che, nonostante essa non sia considerata come tale, resta comunque un crimine e dovrebbe essere punito come tale. Le parole chiave sono: non esiste morale, opinione e legge.

Nel terzo paragrafo, Un crimine ignorato, (righe 19-31) l’autore fa notare che, mentre molti libri di moralisti trattano tutti i casi possibili di furto, nessuno di essi considera minimamente il crimine della schiavitù il quale non possiede nemmeno un nome ed è del tutto ignorato. Le parole chiave che permettono di capire il messaggio del paragrafo in questione sono: moralisti, questioni riguardanti il furto, l’altro crimine non ha nemmeno un nome.

Il paragrafo successivo si intitola La schiavitù è un atto umanitario (righe32-56) e riporta le giustificazioni degli europei al commercio degli schiavi. Essi infatti affermano che ,comprando come schiavi i prigionieri di guerra delle tribù africane, li salvano da morte certe evitando quindi loro un destino crudele e vedendo nel proprio gesto un’azione umanitaria. Le parole chiave sono: giustificare la schiavitù, atto umanitario, gli africani sgozzavano tutti i loro prigionieri.

Nel quinto paragrafo, Salvare gli schiavi per derubarli, (righe 57-69 “…quest’uomo non è un ladro?”) l’autore confuta le giustificazioni degli europei alla schiavitù paragonandoli a coloro che salvano un viandante dagli assassini per poi derubarlo rimanendo comunque un criminale. Le parti che meglio aiutano a comprendere ciò sono: si commette un crimine comprando un negro, dopo aver salvato uno sventurato da degli assassini, lo derubasse, quest’uomo è un ladro.

Il paragrafo seguente va dalla riga 69 alla 79 e si intitola Il debito non è schiavitù. In queste righe Condorcet afferma che, nonostante un uomo che salva la vita di un altro abbia il diritto di chiedere in cambio un risarcimento o del lavoro, egli non può comunque appropriarsi della libertà dell’altro levandogli ogni diritto. Le parole chiave sono:diritto di esigere un risarcimento, non potrà mai ridurlo in schiavitù.

Il settimo paragrafo, La schiavitù fomenta le guerre (righe 80-97) rende noto il fatto che, nonostante gli africani non uccidano più i loro prigionieri, essi combattono ripetutamente nuove guerre senza motivo per fare nuovi prigionieri da vendere come schiavi. L’autore paragona questo fatto al convincere degli assassini a non uccidere un povero viandante ma di accontentarsi di derubarlo insieme mettendo in risalto che gli europei non sono quindi esoneri da nessuna colpa. Le frasi più importanti di questa porzione di testo sono: desiderio di fare dei prigionieri per venderli, fomentare queste guerre con il loro danaro, avidità degli europei.

Nell’ottavo paragrafo, Colpevoli di complicità (righe 97-109), Condorcet condanna coloro che comprano gli schiavi perché, anche se indirettamente, contribuiscono a quanto detto nei paragrafi precedenti e vengono paragonati a coloro che commissionano il furto ai ladri. Essi infatti, pur non rubando nulla, sono colpevoli nella stessa misura di questi ultimi. Le parole chiave sono: non potrà discolpare né il secondo, né il colono che trattiene il negro, colui che incarica del furto un'altra persona, il delitto è lo stesso.

Nel nono paragrafo Riconoscenza e schiavitù:due cose differenti (righe 110-125) è trattato il caso particolare dei bambini senza genitori allevati per poi divenire schiavi. L’autore osserva che colui che alleva un bambino ha il diritto di pretendere da lui del lavoro in cambio della sua ospitalità ma non può privarlo della propria libertà personale riducendolo in schiavitù. Le parole chiave sono: il padrone che li alleva per lasciarli in schiavitù è un criminale, un’azione umanitaria darebbe il diritto di commettere un crimine?.

L’ultimo paragrafo va dalla riga 126 alla 144 e si intitola La schiavitù non è giustizia.  E’ qui affermato che la schiavitù non può essere nemmeno la giusta punizione per un crimine poiché la sua durata e la sua pesantezza non sono decise dalla legge ma sono a discrezione del padrone che possiede lo schiavo. Le parole chiave sono: pena giusta determinata dalla legge rispetto alla durata e alla forma, dipendono in questo caso totalmente dal capriccio del padrone, sarebbe necessariamente indeterminata.

Per argomentare la propria tesi esposta all’inizio del testo Condorcet ha esposto la tesi contraria alla propria (argomentazioni a favore della schiavitù) tramite l’antitesi e l’ha poi confutata conferendo validità alla propria tesi.

 

 

 

D         storicizzazione del testo

Nel testo in questione è trattato il problema della schiavitù dei negri che, nell’epoca in cui vive l’autore, era considerata un’attività normale e lecita in quanto su di essa erano basati gran parte dell’economia e del mercato dell’epoca.

Questa pratica consisteva nel fare prigionieri nei paesi sottosviluppati dell’Africa. Essi venivano poi trasportati in Europa e in America per essere venduti come schiavi. La tratta avveniva in condizioni pietose e solo pochi dei prigionieri sopravvivevano al viaggio. Questi ultimi venivano poi venduti come qualsiasi altra merce ledendo qualsiasi dignità e diritto umano. Per questo Condorcet condanna tale azione considerandola come un furto della libertà personale dell’individuo e considera come criminali tutti coloro che la praticano o la sostengono.

Questa linea di pensiero è in linea con le teorie tipiche dell’illuminismo. Tali teorie infatti sono basate sui principi di uguaglianza e libertà. Contro la schiavitù sono infatti anche altri filosofi illuministi quali Montesquieu e Voltaire.

 

 

E         analisi teoretica e attualizzazione

In questo testo l’autore , per conferire validità alla sua tesi, utilizza la tecnica del paragone. Egli infatti confronta la schiavitù con il furto mettendo in risalto i numerosi tratti in comune. Infatti nello stesso modo in cui il ladro priva la vittima del proprio denaro, così la schiavitù priva l’individuo della propria libertà, dei propri diritti e della propria dignità in quanto egli è trattato non più come una persona ma come una qualsiasi merce da vendere ed è costretto ad obbedire al padrone senza discutere. Per questi motivi, esposti chiaramente da Condorcet nel testo analizzato, la schiavitù dovrebbe essere considerata come un reato pari e, forse, anche più grave del furto.

Secondo la mia opinione la tesi di Condorcet può essere valida anche al giorno d’oggi in quanto, pur non esistendo più la tratta degli schiavi, milioni di persone in tutto il mondo vengono trattate ogni giorno come tali. Un esempio calzante di ciò sono i bambini che vengono sfruttati in medio oriente e in altri paesi sottosviluppati per lavorare nelle fabbriche in quanto considerati deboli e non in grado di opporsi alle gravose condizioni di lavoro che vengono loro imposte. Inoltre essi vengono sfruttati per le loro mani piccole e perciò capaci di produrre un lavoro più definito e minuzioso rispetto a un lavoratore adulto.

Anche le donne appartengono alla classe di individui ritenuti deboli e incapaci di opporsi e quindi vengono sfruttate sia per il lavoro nei campi (nelle società contadine), sia per essere trasportate clandestinamente nei paesi sviluppati dove sono costrette a lavorare come prostitute. Questa e altre attività di sfruttamento possono e devono essere considerate come vere e proprie schiavitù che la gente finge di non vedere. Esse dovrebbero invece essere combattute con tutti i mezzi possibili per riuscire, con il tempo, ad estirpare questa terribile piaga dalla società e salvare così milioni di persone che sono costrette a vivere ogni giorno la loro “schiavitù”.

 

Tosetti Alice Cl. IV A Linguistico

 

 

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