(Il testo è tratto da: Condorcet, Riflessioni sulla schiavitù dei negri, a cura di Maurizio Griffo, Colonnese editore, 2003, Napoli; pagg. 52-55)

 

I

DELL’ INGIUSTIZIA DELLA. SCHIAVITÙ DEI NEGRI,

CONSIDERATA IN RAPPORTO AI LORO PADRONI

 

 Riga n. 1        Ridurre l'uomo in schiavitù, comprarlo, venderlo,

tenerlo a forza nella condizione di servo, sono dei veri

crimini, e dei crimini peggiori che il furto. In effetti, si

priva lo schiavo, non soltanto di ogni proprietà mobi-

5          liare o fondiaria, ma della facoltà di acquistarne, ma

della proprietà del proprio tempo, delle proprie forze,

di tutto quello che la natura gli ha dato per conservare

la propria vita o soddisfare i suoi bisogni. A questo torto

si deve aggiungere quello che consiste nel togliere allo

10        schiavo il diritto di disporre della propria persona.

            O non esiste alcuna morale, oppure bisogna con-

venire su questo principio: che l'opinione non condan-

ni affatto questo genere di crimine; che la legge del

paese lo tolleri; ne l'opinione, ne la legge possono

15        cambiare la natura delle azioni: e se anche questa opi-

nione fosse quella di tutti gli uomini! e se il genere

umano riunito avesse, con voce unanime, sostenuto

questa legge, il crimine resterebbe sempre un crimine.

            In seguito compareremo spesso con il furto l'azio-

20        ne di ridurre l'uomo alla schiavitù. Questi due crimini,

benché il primo sia molto meno grave, hanno molteplici

rapporti fra loro; e dato che uno è stato sempre il cri-

mine dei più forti, e il furto quello dei più deboli, tro-

viamo risolte in anticipo, da tutti i moralisti, e sulla base

25        di buoni principi, tutte le questióni riguardanti il furto,

mentre nei loro libri l'altro crimine non ha nemmeno

un nome. Bisogna tuttavia fare eccezione del furto a

mano armata, chiamato conquista, ed alcuni altri tipi di

furto in cui ugualmente è il più forte che defrauda il più

30        debole. I moralisti sono altrettanto muti su questi cri-

mini che su quello di ridurre l'uomo alla schiavitù.

 

II

RAGIONI DI CUI CI SI SERVE

PER GIUSTIFICARE LA SCHIAVITÙ DEI NEGRI

 

Si dice, per giustificare la schiavitù dei negri com-

perati in Africa, che questi infelici sono o dei criminali

condannati all'ultimo supplizio, o dei prigionieri di

35        guerra, che verrebbero uccisi se non fossero comperati

dagli europei.       

 

Seguendo questo ragionamento, alcuni scrittori ci

presentano la tratta dei negri quasi come un atto uma-

nitario. Ma osserviamo,

 

1. Che questo fatto non è provato, e non è nem-

meno verosimile. Cosa! Prima che gli europei compras-

sero i negri, gli africani sgozzavano tutti i loro prigio-

nieri! Uccidevano non soltanto le donne sposate,, co-

m'era, si dice, una volta l'usanza di un'orda di ladri

45        orientali, ma anche le ragazze non sposate; cosa che

non è mai stata attribuita a nessun popolo. Cosa! Se

non andassimo a cercare i negri in Africa, gli africani

ucciderebbero gli schiavi che ora destinano ad essere

venduti! Ciascuna delle due parti preferirebbe accoppa-

50        re i propri prigionieri piuttosto che scambiarli! Per

credere a fatti inverosimili, sono necessarie delle testi-

monianze imponenti, e noi qui non abbiamo che quel-

le delle persone impiegate nel commercio dei negri. Non

ho mai avuto l'occasione di frequentarle; ma c'erano

55        fra i Romani degli uomini che svolgevano lo stesso

commercio e il loro nome è ancora un'ingiuria.

 

2. Supponendo che, comprandolo, si salvi la vita di

un negro, ciò non significa che non si commette un

crimine comprandolo, se è per rivenderlo o ridurlo in

60        schiavitù. È esattamente la stessa azione di un uomo

che, dopo aver salvato uno sventurato perseguitato da

degli assassìni, lo derubasse. O ancora, se si suppone

che gli europei hanno indotto gli africani a non uccide-

re più i loro prigionieri, sarebbe l'azione di un uomo

65        che fosse riuscito a distogliere dei briganti dall'assassi-

nare i passanti, e li avesse convinti ad accontentarsi di

derubarli insieme a lui. Nell'una e nell'altra di queste

supposizioni si potrebbe forse dire che quest'uomo non

è un ladro ^ Un uomo che, per salvarne un altro dalla

70        morte, rinunciasse a quanto gli è indispensabile, avreb-

be indubbiamente il diritto di esigere un risarcimento;

potrebbe acquisire un diritto sui beni e anche sul lavoro

di colui che ha salvato, sottraendo tuttavia a questo ciò

che è necessario alla sussistenza del debitore: ma non

75        potrà mai, senza commettere un'ingiustizia, ridurlo in

schiavitù. Si possono acquisire dei diritti sulla proprietà

futura di un altro uomo, ma mai sulla sua persona. Un

uomo può avere il diritto di obbligarne un altro a lavo-

rare per lui, ma non di obbligarlo ad obbedirgli.

 

3. La discolpa addotta è tanto meno legittima, in

quanto è al contrario l'infame commercio dei briganti

europei che fa nascere tra gli africani delle guerre quasi

ininterrotte, il cui unico motivo è il desiderio di fare

dei prigionieri per venderli. Sono spesso gli stessi euro-

85        pei a fomentare queste guerre con il loro danaro e i

loro intrighi; in modo tale che essi sono colpevoli non

soltanto del crimine di ridurre degli uomini in schiavi-

tù, ma anche di tutti i delitti commessi in Africa per

preparare questo crimine. Possiedono la perfida arte di

90        stimolare la cupidigia e le passioni degli africani, di

esortare il padre a consegnare i propri figli, il fratello

a tradire il fratello, il prìncipe a vendere i suoi sudditi.

Hanno dato a questo popolo sventurato il piacere di-

struttore dei liquori forti. Gli hanno trasmesso questo

95        veleno che, nascosto nelle foreste d'America, è diven-

tato, grazie all'attiva avidità degli europei, uno dei fla-

gelli del globo; e osano ancora parlare di umanità!

            Quand'anche la scusa che abbiamo appena citato

discolpasse il primo acquirente, non potrà discolpare

100      ne il secondo, ne il colono che trattiene il negro; poi-

ché . essi non hanno come motivazione quella di toglie-

re dalla morte lo schiavo che acquistano: essi sono, in

rapporto ai crimine di ridurre in schiavitù, ciò che è, in

rapporto al furto, colui che divide col ladro, o piutto-

105      sto colui che incarica del furto un'altra persona, e che

ne divide con lui il bottino. La legge può avere delle

ragioni per trattare in modo diverso il ladro e il suo

complice, o il suo istigatore; ma, per quanto riguarda

la morale, il delitto è lo stesso.

            Infine, questa discolpa è assolutamente inesistente

nel caso degli schiavi nati nelle proprietà. Il padrone

che li alleva per lasciarli in schiavitù è un criminale,

perché la cura che ha potuto prenderne durante l'in-

fanzia non può accordargli alcuna parvenza di diritto

115      su di loro. In effetti, perché essi hanno avuto bisogno

di lui? È perché ha rapito ai loro genitori, insieme alla

libertà, la possibilità di accudire il loro bambino. Sa-

rebbe dunque come pretendere che commettere un

primo crimine può dare il diritto di commetterne un

120      secondo. Del resto, supponiamo, al limite, il bambino

negro abbandonato liberamente dai genitori; il diritto

di un uomo su un bambino abbandonato, che ha alle-

vato, può essere quello di tenerlo in schiavitù? Un'azione

umanitaria darebbe forse il diritto di commettere un

125      crimine?

            Neanche la schiavitù dei criminali condannati le-

galmente è legittima. In effetti, una delle condizioni

necessario perché la pena sia giusta, è che sia determi-

nata dalla legge, tanto rispetto alla durata, quanto ri-

130      spetto alla forma. Così, la legge può condannare a dei

lavori pubblici, perché la durata del lavoro, il cibo, le

punizioni in caso di pigrizia o di ribellione, possono

essere determinate dalla legge; ma la legge non può

mai pronunciare contro un uomo la pena d'essere schia-

135      vo in particolare di un altro uomo, perché dipendendo

in questo caso totalmente dal capriccio del padrone,

essa sarebbe necessariamente indeterminata. Del resto,

è altrettanto assurdo che atroce osare sostenere che la

maggior parte degli sventurati comprati in Africa sono

140      dei criminali. Si teme forse che non vi sia abbastanza

disprezzo nei loro confronti, che non li si tratti con

sufficiente durezza? E come si può immaginare che esista

un paese dove si commettono così tanti crimini, e dove

tuttavia si eserciti una giustizia così esatta?

 

 

 

 

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