Pozzati Giovanni

ANALISI DEL TESTO FILOSOFICO

Analisi a: La Repubblica, VIII, 561-564 di P l a t o n e

A) Platone fu uno dei più importanti filosofi della Grecia antica, poiché con l'aiuto del suo maestro Socrate ed il suo allievo Aristotele, pose le basi del pensiero filosofico occidentale.

Aristocle nacque ad Atene nel 427 a. C. da una famiglia aristocratica. Il nome “Platone” gli venne attribuito in un secondo tempo, probabilmente da un suo insegnante di ginnastica, per via delle sue ampie spalle, anche se altre tesi dicono che gli fosse stato dato per via dell'ampio stile letterario (platone deriva da platos, ampio).

Testimonianze del suo tempo lo vedono esordire come scrittore di liriche, ditirambi e tragedie che assunsero importanza fondamentale quando iniziò a comporre i suoi dialoghi.

Partecipò a tre spedizioni militari, durante la guerra del Peloponneso e in seguito a queste, precisamente nel 407 a. C. , conobbe Socrate e abbandonò tutte le sue composizioni poetiche per dedicarsi completamente alla filosofia.

Il destino di Socrate non fu tra i migliori, in quanto venne condannato a morte con l'accusa di corruzione nel 399 a. C.; Platone non assistette all'esecuzione perché malato.

Dopo il triste avvenimento, alcune fonti dichiarano che Platone iniziò alcuni viaggi in vari luoghi europei, tra cui l'Italia stessa, per incontrare filosofi e matematici, ma non ne siamo completamente certi. È invece sicuro che egli si recò a Siracusa intorno al 388 a. C. instaurò delle conoscenze con parenti del re e tentò senza successo di instaurare delle riforme, ma gli avvenimenti legati a ciò che successe a Platone durante la sua permanenza sono anch'essi dubbi.

Parliamo dunque di notizie più certe, per evitare di dire il falso: A partire dal 395 a. C. dovrebbe aver iniziato a scrivere i primi dialoghi, nei quali affrontava il problema culturale rappresentato dalla figura di Socrate e la funzione dei sofisti: nascono così, in un possibile ordine cronologico, l'‍Apologia (il suo primo dialogo), il Critone, in cui Socrate discute la legittimità delle leggi, lo Ione, parodia ironica di poeti, l'‍Eutifrone, il Carmide, il Lachete, il Liside, l'‍Alcibiade I, l'‍Alcibiade II (queste due attribuzioni a Platone sono tuttavia discusse), l'‍Ippia Maggiore, l'‍Ippia Minore, il Trasimaco (che confluirà nella Repubblica come primo libro), il Menesseno, il Protagora e il Gorgia.

Nel 387 a. C. acquistò un parco ad Atene dedicato all'eroe Academo e li fece reggere un tempio che, in suo onore, chiamò “Accademia”. Questa scuola è basata principalmente sull'insegnamento della scienza e la dialettica: l'insegnamento si svolge attraverso dibattiti, a cui partecipano gli stessi allievi, diretti da Platone o dagli allievi più anziani, e conferenze tenute da illustri personaggi di passaggio ad Atene.

In vent'anni, dalla creazione dell'Accademia al 367 a. C., Platone scrive i dialoghi in cui si sforza di determinare le condizioni che permettono la fondazione della scienza: tali sono il Clitofonte (tuttavia di incerta attribuzione), il Menone, il Fedone, l' Eutidemo, il Convito, la Repubblica, il Cratilo e il Fedro. Nel 367 arriva all'accademia Aristotele, che sarà il suo allievo più importante. Ad Atene Platone scrisse le ultime opere, il Timeo, il Crizia, il Politico, il Filebo e le Leggi. Morì nel 347 a.C. e la guida dell'Accademia venne assunta dal nipote Speusippo . La scuola sopravviverà fino al 529 d.C., anno in cui venne definitivamente chiusa da Giustiniano dopo vari periodi di alterne interruzioni della sua attività.

Il testo

Il testo che mi trovo ad analizzare tratta un argomento interessante e su cui vale la pena riflettere: la libertà che diventa schiavitù. Ad una prima lettura potrebbe sembrare un paradosso, ma analizzando a fondo le tesi che Platone utilizza per giustificare le sue ipotesi ci accorgiamo che questo pensiero non è poi cosi scontato. Platone immagina una sorta di dialogo in cui interpella un secondo personaggio e avvia una riflessione sul tema dell'eccessiva libertà che finisce per distruggere la democrazia ed essere l'origine dell'oligarchia e della tirannide. Socrate cita molti esempi per far capire il suo pensiero alla persona che interpella e sottolinea come l'eccesso di libertà porta alla mancanza del rispetto nei confronti di chi ne meriterebbe di più e nell'aumento di stima per chi ne dovrebbe avere di meno (più chiaro l'esempio del figlio e del padre: il padre cerca in ogni modo di essere più uguale al figlio e il figlio non presenta più l'antico timore per il padre, poiché vuole sentirsi più libero). Parlando dei vari tipi di libertà, conclude poi il suo discorso con una conclusione personale che animerà critiche e valutazioni : l'eccessiva libertà non può trasformarsi che in eccessiva schiavitù e la tirannide non si forma da altra costituzione che la democrazia.

B)

b1: a una prima impressione si può dire che il tema trattato è il male che può portare l'eccessiva libertà di un individuo e Platone cerca molte tesi per giustificare le sue affermazioni ed enuncia numerosi esempi.

b2: il testo è un dialogo tra Platone (l'autore) e una seconda persona. Nelle frasi del dialogo sono racchiusi i pensieri e le riflessioni del filosofo, che parla con l'altro individuo del tema della libertà.

b3 e b4.1: analizzando il testo a fondo ho individuato i seguenti termini, che a mio parere possono essere giudicati “sorprendenti”: libertà, poiché è il tema principale del testo; rispetto, poiché assume una diversa connotazione e non vuol dire solo “rispettare” una persona in modo civile, ma anche avere timore di una persona; meteco, poiché non avevo mai trovato prima questo termine e solo ora, grazie al dizionario, imparo che significava “forestiero” per i greci; leggi, poiché esse regolavano la libertà dei cittadini e al tempo stesso la limitavano (come fanno tuttora) e secondo l'autore per essere liberi non bisognerebbe seguirle e perciò nascerebbero dei contrasti.

·         Purtroppo non ho trovato i termini a mio parere “sorprendenti” in altri testi dello stesso autore analizzati in precedenza

·         ecco le definizioni dei termini che ho evidenziato nel testo secondo l'attuale vocabolario di lingua italiana:

Libertà: stato di autonomia essenzialmente sentito come diritto e perciò garantito da una precisa volontà e coscienza di ordine morale, sociale e politico; la condizione relativa all'assenza di costrizioni e limitazioni.

Rispetto: il riconoscimento di una superiorità morale o sociale manifestato attraverso il proprio atteggiamento o il modo di comportarsi; osservanza o conformità nei confronti di un obbligo o di una legge.

Meteco: nell'antica Grecia era il forestiero residente stabilmente in una città che pur essendo di condizione libera era escluso alla partecipazione attiva alla vita politica (era ben distinto quindi dal cittadino).

Leggi: principio regolatore dei comportamenti uman

 

C)

c1:

·         Ho individuato nel testo tre sole sequenze che, secondo me, bastano per classificare gli argomenti del testo:

1.      dalla parola “Ora...”, prima riga, alla parola “...chiese”, decima riga.

2.      Dalla parola “Quando...”,undicesima riga, alla parola “...disse”, sessantaduesima riga.

3.      Dalla parola “L'eccessiva...”, sessantatreesima riga, alla parola “...ammise”, sessantanovesima e ultima riga.

·         Ho nominato così le sequenze che ho individuato:

1.      : “Inizio del dialogo e introduzione al problema che verrà discusso in esso, quindi l'ipotesi”.

2.      : “Ipotesi enunciate dall'autore (Platone) e tesi utilizzate dallo stesso per verificarle”

3.      : “Conferma dell'ipotesi presentata all'inizio del dialogo che ora è verificata, secondo le opinioni dell'autore”

·         Nelle sequenze mi è sembrato opportuno evidenziare le seguenti parole-chiave:

1.      : Libertà.

2.      : Rispetto, Timore, Leggi.

3.      : Libertà, Schiavitù.

c2:

·         La tesi centrale del testo è senza ombra di dubbio il fatto che l'eccesso di libertà induca a schiavitù.

·         Platone utilizza numerose argomentazioni per sostenere la sua affermazione e cita alcuni esempi nel testo, come nel caso del padre e del figlio, riga 24, dove afferma che col passare degli anni si perde il rispetto verso chi ne meriterebbe per natura; similmente fa con i cittadini e i meteci, forse con uno spunto di discriminazione, alla riga 26, tra cui, secondo lui, i diritti si stanno parificando; esempi analoghi li troviamo dalla riga 42, in cui cita i comportamenti animaleschi, decisamente più liberi di quelli umani. Sicuramente l'affermazione più insolita, ossia la tesi, è verificata se si seguono gli esempi enunciati dall'autore.

·         L'autore è leggermente impreciso in alcuni passi, a mio parere, ma non nello scovare tesi per la sua ipotesi. Con questo confermo che non ci sono convinzioni non dimostrate o poco chiare.

·         Le strategie che utilizza Platone sono riposte nell'utilizzare esempi molto comuni al tempo per alludere alla veridicità della sua ipotesi. Mi spiego meglio: Platone afferma che l'eccessiva libertà porta alla schiavitù, e da qui parte tutto il ragionamento che si sviluppa nel dialogo; per dimostrare al suo interlocutore che diceva il vero, utilizzò esempi indovinati, che alludevano a realtà tipiche del tempo greco: il rispetto e il timore del figlio verso il padre così come il rispetto del discepolo nei confronti del maestro e, come se non bastasse, anche i pregiudizi nutriti dagli ateniesi nei confronti dei meteci, a cui erano privati alcuni diritti di cittadinanza. Con questo metodo riesce a dare fondamento alla sua ipotesi nel più semplice, ma anche nel più efficace, dei modi, con ragionati esempi. È un saper comune infatti che con un esempio è più facile capire anche le cose più difficili. L'interlocutore di Platone inoltre si identifica in un esempio da lui citato, quello degli animali, riga 46, e quindi confermando ciò che afferma, indirettamente lo considera verità. Spero di essere stato abbastanza chiaro in questo punto.

 

D)

d1: Le allusioni a situazioni comuni traspaiono dagli esempi che Platone cita per giustificare la sua ipotesi. Nei primi due esempi (righe 24, 25, 26) si fa riferimento al rispetto che scorre, o dovrebbe scorrere, fra il padre e il figlio e, similmente, tra l'alunno e il maestro. Questo tipo di rispetto nella maggior parte dei casi si trasforma in timore e in casi estremi addirittura in odio. Infatti, per dare uno spunto di informazione storica, sin da prima dei greci, non tutti i padri sapevano educare con giustizia i figli (ovviamente l'idea di giustizia di allora è sempre diversa che quella attuale) e spesso i metodi erano bruschi e severi. In poche parole non era presente ammirazione per il padre, ma timore e nei casi più estremi, odio. Nel tempo di Platone evidentemente, come lui afferma, i rapporti tra l'alunno e il maestro e il figlio e il padre si addolcivano, proprio per il desiderio del figlio o dell'alunno di avere più libertà. In questi casi quindi, secondo il filosofo, la libertà nuoce e il desiderio di assumerne sempre di più, crea delle divergenze tra le parti. Non si può insomma escludere che traspaiano non solo esempi ma anche i pensieri del filosofo riguardo le usanze e consuetudini dell'epoca.

d2: dal testo, più precisamente da uno degli esempi, traspaiono alcuni valori dell'epoca, come il sopracitato rispetto per i padri da parte dei figli, o dei maestri da parte dei discepoli, ma anche dei pregiudizi. Si individuano infatti analizzando l'esempio del cittadino e del meteco. Ho classificato la parola “meteco” tra i “termini sorprendenti”, poiché per ignoranza sull'argomento, non la conoscevo; dopo averne appreso il significato (uomo residente ad Atene ma straniero e quindi non considerato cittadino, di conseguenza privato di alcuni diritti che di natura spettavano ai residenti di nascita) ho capito che anche all'epoca, come oggi, c'erano pregiudizi per lo straniero e per il diverso. Dal testo traspare molto questa triste informazione che ci fa capire che anche al tempo di Platone alcune idee erano alla base della cultura della polis , per quanto il suo spirito fosse aperto e tollerante. Ma bisognerebbe vedere qual'era una volta la concezione di “tolleranza”. L'esempio di Platone è quindi testimonianza di questo pregiudizio.

d3: non sono riuscito ad elaborare quest'ultimo punto.

 

E)

e1:

·         Ritengo che ogni supposizione del caro Platone sia spiegata molto bene soprattutto grazie agli esempi. Nei nostri tempi le idee sono totalmente cambiate e quindi le sue affermazioni andrebbero riviste, quindi mi ritrovo a valutare l'accettabilità su due piani: quello del tempo greco e quello del tempo attuale. Dal punto di vista dei greci, sicuramente alcuni aspetti erano scontati, come i pregiudizi verso i meteci o i rapporti familiari di rispetto, e anche la stessa ipotesi di Platone diventa contestabile; infatti dipende dalle idee di ciascun individuo: per me potrebbe essere accettabile che la troppa libertà porti all'oligarchia, mentre per un altro potrebbe essere un'affermazione sbagliata. Secondo gli esempi di Platone infatti la sua ipotesi è corretta, ma lui è convinto della giustizia di ciò che dice. Per spiegarmi meglio, userò un esempio: nella riga 26 parla dei rapporti tra cittadino e meteco, alludendo al troppo desiderio di libertà del meteco che lo vedrà raggiungere la stessa importanza del cittadino; per utilizzare tale esempio, il filosofo doveva credere che i pregiudizi tra meteci e cittadini fossero fondati. Se avesse esposto il problema e utilizzato l'esempio del meteco per giustificarlo ad un individuo che non credeva a questi pregiudizi o, per essere più precisi, a un meteco stesso, probabilmente non lo avrebbe convinto della veridicità dell'ipotesi.

·         I termini sono vari e il loro significato si mantiene tuttora come quello di allora, non sono presenti enormi e notevoli oscillazioni di significato. Se proprio vogliamo trovare un termine che ora non esiste forse più, dobbiamo nominare il “meteco”: l'uso della parola è infatti ormai scomparso.

·         Le argomentazioni possono essere considerate giuste e accettabili in base all'idea della persona a cui vengono presentate, come ho già specificato in precedenza.

e2:

E ora è giunto il momento di enunciare la mia opinione a riguardo. Prima devo ammettere che l'approccio col testo non è stato subito semplice e immediato, ho dovuto rileggerlo più volte e soffermarmi su alcuni punti per capirlo a fondo. L'ipotesi centrale del dialogo sarà quindi il punto di partenza della mia applicatio. “A distruggere la democrazia è anche ciò che essa definisce un bene: la libertà”; la libertà è un concetto da cui possono nascere moltissime argomentazioni e discussioni. Presuppongo che la libertà in questo caso sia legata alla possibilità di fare ciò che si vuole e di allargare quindi i propri diritti. Mi trovo in difficoltà sinceramente a parlarne, poiché esso è un concetto talmente profondo e complesso che apre e chiude mille porte contemporaneamente. Poniamo l'immagine della libertà nei tre esempi proposti dal filosofo: i rapporti tra padre e figlio, quelli tra alunno e maestro e le differenze tra meteco e cittadino; per avere più libertà il figlio non dovrebbe portare più rispetto al padre, l'alunno smetterebbe di rispettare l'autorità del maestro e il meteco pretenderebbe le stesse opportunità e i medesimi diritti dei cittadini ateniesi di nascita. Quindi libertà vista come indifferenza davanti alle autorità e alle consuetudini e quindi noncuranza delle stesse leggi, poiché questi rapporti erano regolati da esse. Quindi anarchia. Al tempo di Platone l'anarchia era molto discussa tra i filosofi e si era arrivati alla conclusione che essa poteva esistere solo se esistessero uomini giusti, ma l'idea di giustizia è relativa e varia da uomo a uomo, quindi un regime anarchico non si potrebbe mai instaurare. Se per esempio il problema venisse proposto a me, direi che la libertà di ognuno è legata a quella di altri, poiché, come dice una famosa citazione, “La mia libertà finisce dove inizia la vostra”. L'eccesso di libertà porta l'uomo ad invadere lo spazio altrui e lo esalta anche a livello critico, quindi è molto giusto che il fare umano venga regolato da leggi. Ma questo Platone non lo nega, sottolinea più che altro che la perdita di alcuni valori dovuti all'eccesso di libertà portino ad un cambiamento radicale della società. Io dico che è sbagliato, ma ragiono basandomi sulle consuetudini attuali, della mia epoca e trovo alti i pregiudizi che leggo nei suoi esempi. Ma probabilmente la penserei in un altro modo se fossi nato ad Atene e in modo ancora più diverso se fossi stato un meteco.

e3: In quest'ultimo punto cercherò di ricostruire un probabile dialogo con Platone durante una lezione all'accademia di Atene, in cui richiedo di intervenire per esporre le mie opinioni sulla sua teoria. All'inizio del testo che ora scriverò, Platone ha già concluso un discorso molto simile a quello visto nel dialogo analizzato, proponendo la stessa ipotesi e uguali esempi:

Platone: “Dunque dopo quest'ultimo mio intervento, c'è qualcuno fra voi che vuole esprimere un suo parere?”

Io: “Io, maestro, vorrei intervenire per commentare e fare qualche osservazione sulle sue parole. Lei ha appena detto che la troppa libertà porta alla schiavitù ed io non credo sia un'affermazione molto giusta, proprio perché è basata sulla vostra idea di libertà. In questa società si crede che un meteco sia inferiore di un cittadino, solo per ragioni legate all'origine, ma potrebbe benissimo essere superiore; si pensa che il figlio deve essere subordinato all'autorità, spesso ingiusta, del padre, quando i rapporti dovrebbero essere migliori e non portare all'odio reciproco; questi pregiudizi sono un male per la società purtroppo e se la libertà eccessiva per voi significa uscire da essi, non sono d'accordo. Eccesso di libertà che porta alla rovina, secondo me, è il fregarsene delle leggi civili e morali per fare ciò che si vuole. Lei inoltre ha detto che gli animali domestici sono realmente liberi, perché fanno ciò che vogliono, ma secondo me nessun trattamento riservato alle bestie, per quanto sia originale e buono, potrà eguagliare lo stato del padrone, quindi non mi ritrovo nelle sue considerazioni. Come ho detto prima, sono ben altri gli eccessi di libertà che portano al collasso della società. Non ne faccio una vostra colpa più di tanto però, poiché conosco che tipo di società è questa e che usi e costumi utilizzate. Mi limito a dare il mio parere.”

Pozzati Giovanni

classe I^B classico

a.s. 2009/2010

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